La birrificazione
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La birrificazione (detta anche con il francesismo brassaggio) ha avuto inizio intorno al sesto millennio a.C. e i reperti archeologici suggeriscono che questa tecnica venne utilizzata nell’antico Egitto. Descrizioni di ricette per la preparazione della birra possono essere trovate in scritture sumere, fra le scritture antiche più conosciute.[1][2][3] Oggi la birrificazione avviene nei birrifici ad opera dei birrai e l’industria di produzione della birra è parte della maggioranza delle economie mondiali.
L’ingrediente base della birra è l’acqua, alla quale va aggiunta una fonte di amido, come ad esempio il malto d’orzo che è in grado di fermentare convertendosi in alcol, lievito per produrre la fermentazione e un aroma come il luppolo.[4] Una fonte secondaria di amido può essere il mais, il riso o lo zucchero.[5] Fra le fonti di amido meno utilizzate figurano anche il miglio, il sorgo e la radice di manioca in Africa, la patatain Brasile e l’agave in Messico.[6] Il quantitativo del contenuti di amido in una birra è indicato solitamente nella lista degli ingredienti.
Il processo di birrificazione consta di una serie di successive operazioni comprendenti la maltificazione, la macinazione, la miscelazione, la separazione, la bollitura, la fermentazione, la pastorizzazione, il filtraggio e l’imbottigliamento. Esistono tre metodi principali di fermentazione, a caldo, a freddo e spontanea. La fermentazione può avvenire in recipienti scoperti o coperti. Vi può essere poi una fermentazione secondaria che può avvenire nel birrificio, in botte o in bottiglia.
La birrificazione si riferisce in particolare al processo di macerazione, come ad esempio la preparazione del tè, del sakè e della salsa di soia. Vino e sidro tecnicamente non seguono la stessa tecnica, ma derivano dalla spremitura del frutto intero con conseguente estrazione del liquido. L’idromele non segue lo stesso procedimento, dato che viene preparato sciogliendo il miele nell’acqua.